giovedì 22 gennaio 2009

Facebook, il gioco che obbliga a ricordare tutto


di Michele Mirabella

pubblicato su "venerdì di Repubblica " 16_01_2009

Nella Roma antica la "damnatio memoriae" designava la condanna, comminata soprattutto ai potenti, all'eliminazione di tutte le memorie utili ai contemporanei o destinate ai posteri.
Una pena impartita ai nemici particolarmente odiati. Una vera e propria morte civile, che cancellava letteralmente l'effige storica di una persona.

Era l'esilio dall'identità collettiva nel limbo della smemoratezza. Gli antichi erano saggi.

I contemporanei cancellano per pigrizia, per oblio inerziale, per inopia. Basta, infatti che si metta a loro disposizione un giochino e si dimenano per ritrovare persone di cui non frega loro un accidente per il puro sollazzo di farlo, di armeggiare nell'universo della globalizzazione informatica.

Con Facebook creano un'immane piazza elettronica in cui larve di ricordi brulicano evocate solo dal gioco di scorrazzare nella rete. Svanisce il piacere della smemoratezza d'una, talora, necessaria "damnatio memoriae". Per una preziosa retrouvaille reataurata, sono miriadi le scorie futili e ingrombanti. Anche per la recherche ci vuole del metodo.

Perchè sia tale deve bastare l'appassionata pazienza della mente. Rovistare il rete produce talvolta solo archivi senza poesia.


"Damnatio memoriae"

Presso gli antichi romani, provvedimento di condanna consistente nella cancellazione di ogni elemento (iscrizioni, immagini, ritratti) atto a ricordare una persona. In età imperiale, la damnatio memoriae (“condanna della memoria”) assunse un significato politico di disapprovazione dell’attività degli imperatori Domiziano, Commodo ed Eliogabalo da parte del senato.

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