venerdì 2 luglio 2010

ASPETTANDO LA RIVOLTA DEI GIOVANI


Ma perché questi ragazzi non si ribelanno?
A chi serve andare avanti così?
Essere giovani in Italia significa ormai rinunciare alla dignità del vivere. Il lavoro, quando c'è, fa schifo, è precario e sottopagato. Ma sempre pi spesso non c'è. Gli hanno raccontato che con la flessibilità non vi sarebbe stata disoccupazione e se la sono bevuta, incredibilmente, hanno condiviso il finto liberismo dei padroni e sono diventati schiavi. Il risultato è che un giovane su tre è disoccupato. Comunque anche i fortunati, si fa per dire, con lo stipendio non riescono a mantenersi e devono pescare dalla borsetta di mammà, come cantava Carosone. Ora si berranno forse la favola che la colpa di tutto è dei lavoratori pi anziani, dei loro diritti acquisiti. Ma quei diritti le generazioni precedenti se li sono conquistati al prezzo di lotte durissime, mica abboccando alle balle dei presidenti di Confindustria o dei miiardari prestati alla politica.
L'Italia è un Paese di vecchi che odiano i giovani e le donne. Ma giovani e donne votano per una classe dirigente di uomini vecchi e quindi il cerchio si chiude.
Il progressivo rimbecillimento della nazione si compie senza conflitti generazionali.
Da giovane detestavo chi parlava di «giovani», senza distinguere, perché i «giovani» naturalmente non esistono come categoria. Eppure quanto avviene da noi nel rapporto fra generazioni merita attenzione, perché non accade altrove. Non esiste un Paese europeo dove il governo possa tagliare fondi all'istruzione senza provocare rivolte di piazza. I giovani europei sanno benissimo che l'unica speranza di avere un futuro nel mondo globalizzato consiste nel ricevere una buona formazione in scuole e università di eccellenza. Ora da noi le scuole pubbliche non hanno i soldi per la carta nei cessi e le università se la battono nelle classifiche internazionali con l'Africa. Ebbene il governo demolisce quel poco che rimane e gli studenti stanno zitti e buoni. Ad aspettare che cosa? Un lavoretto per l'estate e un altro per l'autunno? A prendersela con gli immigrati? In Italia non esiste sostegno ai giovani disoccupati, non esiste una politica della casa per le nuove coppie. Tutto è delegato a mammà e papà. Vista bene? Si fa davvero fatica a capirvi. Certo, tutta quella televisione assunta fin dalla prima infanzia deve aver fatto parecchio male.
Ma, insomma, ragazzi svegliatevi, non fidatevi di delegare a qualche furbastro la protesta, scendete in piazza, fate qualcosa, arrangiatevi. Oppure smettetela di arrangiarvi. Che cosa avete da perdere?
Curzio Maltese
Tratto CONTROMANO-Venerdì di Repubblica 2 luglio 2010

1 commento:

  1. E' certamente importante rimarcare il fatto che le attuali generazioni restano relegate ai confini della società, nascondendosi dietro a inutili lamentele e delegando altri a protestare e manifestare. E' ancora più importante ricordare che l'unico mezzo che abbiamo per far sentire la nostra voce, il nostro malcontento e il nostro dissenso è lo stesso di 50 anni fa, di 1 secolo fa, di 1000 anni fa: le manifestazioni di piazza! Ma, personalmente, non posso neanche dimenticare tutti coloro che delle proteste e delle manifestazioni ne fanno ancora un "credo", un modo di vivere. Ragazzi che sanno bene che la voce del singolo può essere facilmente soffocata ma quella di tanti non si riesce a sopprimere; a meno chè non si faccia finta di non sentire. L'uniione fa la forza...diceva qualcuno. E, probabilmente, il bisogno primario di questa generazione è quello di ritrovare un'unità ormai perduta, in grado di farci sentire cittadini attivi che rivolgono i propri interessi verso un'obiettivo unitario.

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