venerdì 16 ottobre 2009

Verso le Primarie del PD

Per il PD e per l'Italia
Mozione congressuale a sostegno della candidatura di Pier Luigi Bersani alla segreteria del Partito Democratico
Il Partito Democratico è la più grande intuizione degli ultimi venti anni. Noi crediamo nel progetto cresciuto sulle radici dell'Ulivo. Desideriamo alimentarlo con le passioni e le intelligenze di donne e uomini pronti a rinnovare la politica italiana.Ciò che abbiamo realizzato nei primi venti mesi è al di sotto del progetto che intendevamo perseguire. Ciò che il Pd aveva di meglio da dire agli italiani non lo ha ancora detto.Il non ancora del Pd indica ciò che possiamo diventare: il grande partito riformista che milioni di italiani non hanno avuto, la forza capace di unire Sud e Nord e di portare l’Italia nel XXI secolo, l'energia civile per arricchire la nostra democrazia, il fermento di una nuova cittadinanza italiana ed europea. Davanti a noi sono anche stringenti compiti politici: il Pd è nato per rendere possibile il cambiamento nell’Italia di oggi, per rendere convincente la proposta di governo.Vogliamo rivolgerci ai nostri aderenti e agli elettori, a coloro che abbiamo smarrito per strada e a coloro che sono impegnati ad attuare il progetto. Vogliamo che il PD sappia convincere e vincere.Tutto ciò è nelle nostre possibilità, è a carico della nostra responsabilità ed è l’obiettivo di questa mozione. Come realizzarlo è sintetizzato nelle seguenti proposte politiche, culturali e organizzative che chiediamo a tutti gli iscritti di sostenere e di proporre agli elettori. Siamo tutti fondatori. Nessuno può dire io sono il Pd e gli altri non ne sono parte. Ecco l'essenza del Pd: amalgamare e unire persone diverse, incrociare percorsi che vengono da lontano con la freschezza di chi si è appena messo in cammino, intendersi parlando anche lingue differenti.E per prima cosa dobbiamo porci una domanda: perché il Pd ha deluso le aspettative che aveva suscitato, perdendo voti, invece di allargare i consensi in tutte le direzioni?E’ successo perché la vocazione maggioritaria si è ridotta alla scorciatoia del nuovismo politico, mentre avrebbe richiesto un paziente lavoro di radicamento rivolgendosi con concretezza ai ceti popolari, alle categorie produttive e ai veri innovatori.E’ successo perché invece di fondare un partito mai visto nella storia italiana, si è preferita spesso la suggestione mediatica alla definizione di una riconoscibile identità politica. E’ successo soprattutto perché, dopo aver invocato la partecipazione popolare alle Primarie ed aver ottenuto la risposta formidabile di quasi quattro milioni di cittadini, non si è riusciti a costruire una organizzazione plurale e aperta in grado di coinvolgerli .Non si dica che i nostri problemi sono venuti dal presunto tradimento di un’ispirazione originaria. Sono venuti dal non aver collocato il progetto su basi solide. Questo è il nodo che il Congresso deve sciogliere. Un Congresso, quindi, fondativo del nostro partito.
Fiducia, Regole, Uguaglianza, Merito, Qualità
Mozione congressuale in sostegno della candidatura di Dario Franceschini a segretario del Partito Democratico
Attorno a noi sta cambiando tutto.Quando ho pensato al mondo in cui si muove il Partito Democratico, la mia mente è stata assalita da una quantità di immagini, di scatti, di oggetti, di istanti, che segnano la spaventosa velocità del cambiamento in cui ha agito politicamente l’ultima generazione e che ci obbligano a pensare in termini nuovi.E’ un mondo che ha impiegato 10.000 anni per raggiungere nel 1900 un miliardo di abitanti e che ne ha messi solo altri 110 per moltiplicarsi per 7 (e due su cinque di quegli abitanti sono o indiani o cinesi).Un mondo che corre così veloce che i padri spesso non sanno usare i giochi dei loro figli, in cui i computer costano 1000 volte meno di 30 anni fa; un mondo che riscopre una identità nomade dove il recapito telefonico e l’indirizzo postale non sono più associate al territorio ma viaggiano con te. Tutto corre nell'economia, nell'informazione, nelle nostre vite. E questa velocità sempre più folle sembra travolgere le nostre certezze, come se ci togliesse ogni appiglio, come se ci togliesse fiato, spingendo anche noi a correre. A correre senza una meta, a correre perché tutto si consuma in fretta attorno a noi e quindi bisogna vivere in fretta. Sembriamo condannati a vivere nel presente, incapaci di guardare lontano, nelle nostre vite individuali come nelle scelte collettive e nella politica. Incapaci di programmare, di fare oggi una scelta che non darà frutti domani ma fra qualche anno, per noi o per chi verrà dopo di noi. E' come camminare guardando la terra che si calpesta anziché tenendo lo sguardo sull'orizzonte che si vuole raggiungere. E' stato il modello di globalizzazione che è apparso trionfalmente vincente e indistruttibile sino alla crisi di settembre, a trascinarci in questo incapacità di cercare il futuro.I miti della crescita inarrestabile, della competizione e del mercato senza regole, hanno spinto a costruire sulla sabbia, a volere tutto e subito, perché tutto è sembrato possibile e facile. In effetti, il mondo emerso dal crollo del Muro di Berlino, il mondo del terzo millennio, è un mondo che si è messo a correre, come mai era successo prima. In meno di un quarto di secolo, il prodotto globale è raddoppiato due volte. In questo stesso periodo, in Asia, 400 milioni di persone sono uscite dalla povertà. Tra il 2003 e il 2007, il reddito medio mondiale è cresciuto ad un ritmo superiore al 3 per cento annuo, il tasso più alto dell'intera storia umana. La crescita dell'economia mondiale, sino alla crisi, è stata impetuosa, come mai era stata prima. Ma è stata anche il frutto di una contraddizione profonda. E' stata alimentata da tre grandi, crescenti debiti americani: l'indebitamento delle famiglie, il deficit commerciale, il debito pubblico, cui va aggiunto un quarto debito: quello energetico ed ambientale con i suoi enormi costi, in termini ecologici e climatici. La crescita costruita scaricando il benessere raggiunto nel presente sulle prossime generazioni, sul futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti. Dunque la crisi nella quale l'economia globale è entrata nell'ultimo anno, al di là dei fattori contingenti che l'hanno provocata, è la crisi di un modello di capitalismo, miope e profondamente egoista. Il modello che, esplodendo, ha consegnato al mondo il gigantesco problema di riorganizzare il sistema economico mondiale su basi meno squilibrate, cioè senza accumulare debito, senza penalizzare chi verrà dopo di noi, con meno diseguaglianze fra le persone e fra i paesi. E' stato detto che il populista pensa alle prossime elezioni, il riformista alle prossime generazioni. Ecco. La destra italiana pensa sempre e solo alle prossime elezioni. Noi democratici pensiamo prima di tutto alle prossime generazioni. Qui si apre lo spazio per un nuovo riformismo. Un riformismo che abbia il coraggio di sfidare le destre non rincorrendole, non limitandosi a proporre correttivi ai modelli economici e sociali che ha imposto, ma mettendo in campo una gerarchia di valori alternativa e proiettata sul futuro.Questa deve essere la nostra sfida e la sfida dei riformisti europei.Il nostro principale campo di gioco, infatti, si chiama Europa.Non è un’idea fuori moda.Occorre tornare al coraggio e alla visione dei padri fondatori per capire la grandezza del disegno.L’obiettivo di una piena integrazione politica, di un’Europa che decide a maggioranza anche su politica estera e difesa, che interviene nel momento della crisi sui settori più deboli, che decide di più dove serve e un po’ meno dove non serve più, quello è il nostro obiettivo.
Vivi il PD, cambia l'Italia
Mozione a sostegno della candidatura di Ignazio R. Marino a segretario del Partito Democratico
Noi italiani abbiamo il diritto di tornare a essere orgogliosi del nostro paese. Perché l’Italia è migliore di quanto vorrebbe la retorica del cinismo e del disincanto.Siamo una grande nazione di cittadini che vivono ogni giorno milioni di storie, fatte di lavoro, passione e creatività. Donne e uomini che si impegnano a migliorare il proprio avvenire e che oggi alla politica chiedono soprattutto una prospettiva di speranza, insieme alla capacità di restituire visione e senso del futuro.Per questo all’Italia serve un Partito Democratico vivo e vitale.È l’idea stessa di democrazia a dover essere il filo conduttore delle scelte politiche e programmatiche del nostro partito.Una democrazia più forte, che parta dai bisogni e dalle speranze di ogni singola persona e che punti ad includere un numero sempre maggiore di cittadini nella vita pubblica, sociale ed economica.Una democrazia che non è data una volte per tutte, ma che va nutrita, curata e rafforzata attraverso scelte politiche mirate: dalla singola comunità cittadina alle istituzioni pubbliche, fino alle comunità internazionali di cui l’Italia è parte. Per noi la democrazia non può definirsi tale se continua a escludere le donne dalla vita pubblica e dai luoghi decisionali, che si priva del loro sguardo sul mondo, uno sguardo che tiene insieme e arricchisce tutta la società.Come recentemente ci hanno insegnato le donne e gli uomini dell’Iran, la democrazia è strettamente legata all’insopprimibile, umana, ricerca della libertà. Una tensione universale che, a cavallo del ventunesimo secolo, ha condotto decine di nuovi Stati ad adottare governi rappresentativi, a rafforzare la comunità internazionale degli Stati democratici.Il rafforzamento della democrazia nel nostro paese, che ha il suo fondamento nella resistenza al nazi-fascismo e nell’Assemblea Costituente, si è dovuto scontrare con i problemi dell’arretratezza economica e culturale, con la criminalità organizzata, con il terrorismo politico. Superate prove durissime, l’Italia ha iniziato a conoscere, nel tempo della globalizzazione, un indebolimento della sua democrazia.La crisi delle nostre istituzioni politiche e delle classi dirigenti diffuse ha generato un significativo distacco di ampi strati di popolazione dal discorso pubblico, al quale si è sostituita una spettacolarizzazione continua vissuta come fine a se stessa da masse crescenti di persone, che non vedono altro mezzo per vivere un ruolo attivo nel corpo della società.L’Italia è fatta di comunità locali coese, di coraggio quotidiano e di capacità solidale, offuscati da una narrazione in cui prevale un modello caratterizzato dall’individualismo clientelare, dalla furbizia cinica, che finisce per svuotare sistematicamente il senso civico nazionale.Il Partito Democratico deve curare, a partire dallo sviluppo di una sana vita democratica al suo interno e nelle politiche che promuove, la crescita di un forte senso civico, imparando a riscoprire tradizioni millenarie che, in passato, sono state capaci di contaminare l’Europa intera.L’Italia ha bisogno di tornare ad avere a cuore la propria democrazia. Avere a cuore la democrazia significa poter declinare in positivo e con un orizzonte largo ogni politica e ogni decisione. Avere a cuore la democrazia significa combattere le disuguaglianze economiche e sociali, lottare contro le discriminazioni e per i diritti di tutti, mirare all’integrazione di tutti i cittadini.

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