domenica 1 marzo 2009

dalla Spagna

Pubblicato martedì 10 febbraio 2009
_El Mundo_
Abitazioni sotto il vulcano
Quasi un milione di italiani vive alle pendici del Vesuvio - che non erutta dal 1944, e dell’Etna. Gli esperti ritengono che i due vulcani potrebbero risvegliarsi presto
ROMA - Dormono placidamente da anni. Ma gli esperti avvertono che nel momento meno atteso, l’Etna e il Vesuvio si sveglieranno dal loro lungo sonno e le loro fauci cominceranno ad eruttare fuoco. Il problema è che ai piedi di questi due vulcani, in una zona considerata ad altisimo rischio, vive quasi un milione di persone, alle quali, una eventuale eruzione, potrebbe costare la vita.
Il Vesuvio non erutta dal 1944, in modo che, ogni anno che passa - secondo gli esperti -, aumentano le probabilità, considerato che dal XVII secolo, erutta in media ogni 28 anni.
Si stima che nella cosiddetta “zona rossa” del Vesuvio (situato a 9 km da Napoli, la terza più grande città italiana, e considerato all’unanimità il vulcano più pericoloso d”Europa), vivano circa 600.000 anime. Altre 250.000 risiedono in case pericolosamente vicine all’Etna, il vulcano attivo più alto del Vecchio Continente, situato a 20 km dalla città siciliana di Catania.
In teoria, e per motivi di sicurezza, da anni è strettamente proibito costruire in prossimità di queste due montagne di fuoco. Nonostante ciò, migliaia di persone hanno la propria casa in quello che rappresenta una chiara sfida alla legge e, soprattutto, alla natura.
Ogni anno si costruiscono nuove abitazioni illegali in queste zone pericolose. Basti dire che uno studio realizzato nel 2007 da ricercatori italiani, indica che nel caso in cui il Vesuvio sperimentasse una eruzione simile a quella registrata nel 79 d.C., quando seppellì sotto le sue ceneri le città di Pompei ed Ercolano, potrebbero morire circa 300.000 persone.
Per cercare di evitare una tragedia annunciata, le autorità italiane hanno promosso diverse iniziative, tra cui un piano di evacuazione. A Napoli, per esempio, il Comune offre dal 2003, un totale di 30.000 euro ai residenti nella “zona rossa”, attorno al Vesuvio, affinché abbandonino la casa e si trasferiscano da un’altra parte. La gente non se ne vuole andare, in più, le autorità regionali sono giunte ad un accordo con i responsabili del parco Nazionale del Vesuvio, per approvare, ogni sei mesi, un programma di demolizione di case illegali. Ad ogni modo, non sembra facile arrivare a trovare una soluzione al problema.
Case illegali
Siccome costruire ai piedi di questi due vulcani è illegale, le case edificate in queste zone non sono sottoposte a nessun tipo di regolamentazione e chi ci vive non paga né permessi di costruzione né tasse.
Sono edifici costruiti completamente “in nero”, motivo per cui, sono più economici di quelli che hanno tutte le autorizzazioni.
In più, e per evitare che le autorità possano bloccare i lavori, i tempi di costruzione di queste case illegali, sono fulminei. Si calcola che le imprese che si dedicano all’edificazione di case illegali nel parco Nazionale del Vesuvio, impiegano una media di 288 ore per costruire un’abitazione dalle fondamenta al tetto. Come a dire, 28 giorni, considerando che gli operai lavorano dieci ore al giorno. Molte di queste imprese, inoltre, sono in mano alla Camorra, la mafia napoletana, o a Cosa Nostra, che opera in Siclia, per cui i prezzi sono di solito imbattibili.
Per non parlare del meraviglioso panorama che si gode da questi edifici illegali o dei terreni fertilissimi di cui sono circondati, ideali per la coltivazione dei pomodori o di altri prodotti.
Ciò nonostante, chi vive in prossimità del vulcano paga un prezzo molto alto. “Se oggi si registrasse una esplosione del Vesuvio come quella dell’anno 79, le nubi di ceneri ardenti arriverebbero al centro di Napoli distruggendo l’intera città”, afferma Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo dell’Osservatorio Vesuviano. E se questa è la sorte che toccherebbe a Napoli, situata a 9 km dal Vesuvio, immaginiamoci ciò che potrebbe accadere con le case costruite a scarsa distanza dalla montagna di fuoco.
Gli esperti prevedono, inoltre, che non debba essere lontano il giorno in cui Vesuvio ed Etna potrebbero svegliarsi dal lungo sonno in cui versano. Il Vesuvio, per esempio, ha eruttato 42 volte dal 1631, vale a dire che sputa fuoco più o meno ogni otto anni. L’ultima volta che è entrato in attività, è stata 65 anni fa, nel 1944, quando distrusse le cittadine di San Sebastiano al Vesuvio, Massa di Somma e parte di San Giorgio a Cremano, uccidendo 26 persone.
Con l’aggravante che lo studio della rivista “Nature”, assicura che la prossima eruzione potrebbe essere violenta almeno quanto quella dell’anno 79 d.C. ed arrivare ad uccidere 700.000 persone.
Nemmeno nel caso in cui i piani di analisi sismica e i sitemi di controllo funzionassero alla perfezione, si potrebbe garantire l’assenza di morti. La settimana scorsa, a Roma, Francesco Russo, presidente del collegio dei geologi della Regione Campania ha affermato: “Nella zona del Vesuvio non ci sono strade nè ferrovie adeguate, ciò trasformerebbe l’evacuazione in un caos”.
di Rene Hdez. Velasco

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