La scomparsa degli alberi di Natale
Perché c'è poco da festeggiare e da celebrare. Con la crisi che incombe, il lavoro incerto, i redditi a rischio, il futuro corto e angoscioso. Chi ha voglia di luci, alberidinatalepresepiequantaltro...
E' un Natale strano. Sicuramente più buio degli altri. Non ho fatto indagini rigorose, al proposito. Non ho fatto sondaggi sul campioni rappresentativi della popolazione. Mi sono limitato a fare una passeggiata intorno a casa mia. Guidato dal mio schnauzer.
Quindi abbastanza lunga, perché il mio cane non è mai stanco, quando riesce a trascinarmi fuori. E ho cominciato a guardare in giro, a fare un po' di conti. Gli alberi di Natale sono quasi scomparsi. Non solo quelli "strappati" dai boschi, ma anche quelli artificiali. Ecologici, come si usa dire nel linguaggio eticamente corretto. In effetti: finti. Non si vedono quasi più.
Ne avrò contati cinque-sei in tutto il quartiere, peraltro densamente popolato e, negli anni scorsi, illuminato quasi a giorno, la sera: dagli alberi di Natale. D'altra parte, nelle case dove mi sono recato in questo periodo ho visto pochi presepi oltre che pochi alberi di Natale. Oppure presepi e alberi lillipuziani. Mignon. Alberelli alti trenta centimetri accanto a presepi larghi venticinque. Capanna, Giuseppe, Maria, bue e asinello intorno alla culla vuota. Con bambinello a parte, da riporre nella culla la Santa Notte. Ho girato il quartiere trascinato dal cane senza accorgermi quasi del Natale che arriva. Se non per qualche filo di luci intermittenti arrotolato intorno ai balconi o al corrimano delle scale di ingresso. Qua e là un Babbo Natale aggrappato al muro. Non si capisce bene se in fuga oppure in arrivo. Orrendi. Li brucerei tutti.
E mi sono chiesto cosa stia succedendo, cosa sia successo. Questo Natale mesto e un poco oscuro, senza alberi, pochi presepi e qualche luce. Perché? Perché - mi sono - detto la crisi spinge al risparmio. Induce a ridurre i consumi energetici. E poi, manca l'atmosfera. Perfino la meteorologia congiura ad estraniarci. Come sentire il Natale quando da settimane siamo in mezzo a un monsone, pioggia pioggia e ancora pioggia, la sera nebbia? Manca il pathos. Perché c'è poco da festeggiare e da celebrare. Con la crisi che incombe, il lavoro incerto, i redditi a rischio, il futuro corto e angoscioso. Chi ha voglia di luci, alberidinatalepresepiequantaltro...
Perché il senso del sacro e del mistero si è perduto. In questa società post-secolare. Anzi: post e basta. Il Dio che si fa uomo non stupisce, non richiede un "atto di fede". Non dà gioia. Eclissato dal virtuale, da Second Life, dai miracoli della tecnologia che tutto crea... E' routine.
Perché ormai è sempre Natale e Natale è, da troppo tempo, un giorno come gli altri. Neppure più una festa consumista, visto che il consumo è rito quotidiano e per questo non può stupire. Ci siamo assuefatti. Perché è finito anche il tempo in cui i bambini attendevano la notte di Natale con gioia e timore. Non riuscivano a dormire dall'eccitazione. E temevano. Che Babbo Natale e Gesù Bambino appena giunti se ne andassero, perché i bimbi erano ancora svegli. Non ci crede più nessuno a Babbo Natale tanto meno al Bambin Gesù.
E comunque se anche arrivassero non riuscirebbero a entrare nelle case. Troverebbero i bimbi in piedi fino all'alba, perché Natale è festa e si tira tardi davanti alla tivù, al pc e alla playstation. E quanto ai regali... i nostri figli unici: ne sono sommersi da quando sono nati. Perché dovrebbero attendere il Natale con ansia? Poche luci, pochi alberi di Natale e pochi presepi.
Poca attesa e poca emozione. Per dirla con Spinoza: è l'epoca delle passioni tristi. Ma forse "passioni" è una parola fin troppo forte. Come la "tristezza". Anche parlare di "epoca" pare esagerato. Più che un'epoca: un periodo. Un giorno come altri. Neppure tanto triste. Neppure tanto buio. Ma grigio. Qualche luce intermittente e un babbo natale dimenticato sul muro dietro casa.
di Ilvo Diamanti
la Repubblica 24 dicembre 2008
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