venerdì 4 aprile 2008

«Caro Veltroni, più coraggio su potere e affari. Nomi nuovi per la svolta» - Roberto Saviano


BASTA CON LA POLITICA DEGLI AFFARI, GUERRA VERA CONTRO I CLAN

«Necessario saper confessare anche gli errori della propria parte. Il sogno di Bassolino è finito»


Caro Veltroni, sono felice che tu abbia deciso di venire a parlare in questa terra. Sono felice che tu abbia accolto il grido che, attraverso le mie parole, gran parte di questo territorio avrebbe voluto urlare sull’assenza dell’argomento «mafie» e sulle proposte riguardanti la lotta all’economia criminosa in questa campagna elettorale.

La politica ha perso autorevolezza, a Sud la mancanza di riforme ha distrutto ogni cosa. Ha avvelenato i territori, fatto divenire il cemento l’unica voce in attivo, reso difficile la vita all’imprenditoria sana, complicato i rapporti tra cittadini, imprenditori e banche, spinto all’usura, fatto perdere fiducia nelle amministrazioni. E ha permesso che ciò che funziona sia dovuto soprattutto all’impegno straordinario di molta parte dei cittadini meridionali. Un impegno straordinario, quasi eroico, di molte individualità, che però ha logorato le coscienze, reso estremamente faticoso vivere da queste parti. Bisogna ricordare i preziosi e rari esempi di una politica dimenticata, dimenticata da tutti poiché in queste elezioni molti nomi coraggiosi sono stati accantonati. Invece è necessario ricordare. Nella terra in cui ti trovi a parlare stamane, molti sono i politici che hanno pagato. Un vicesindaco è stato colpito alla schiena, rimanendo per sempre senza l’uso delle gambe. Lui che aveva deciso di non far camminare più senza ostacoli i clan di queste parti. E così i clan hanno deciso di non far più camminare lui.


Un sindacalista è stato ammazzato nel 2002 per aver organizzato una resistenza al racket e al dominio dei clan. Un ex sindaco, per aver impedito alle imprese dei clan di decidere i piani regolatori, si è vista tappata la porta di casa con tonnellate di sterco di bufala. La politica deve partire da questi sacrifici. Mostrarsi immediatamente diversa da ciò che è stata. Ricorda, Walter, che la terra cui ti rivolgi è una terra dove tutto è difficile. Dove enormi capitali vengono fatturati e passano di qui per divenire poi hotel a Roma, aziende a Milano, negozi a Parigi, azioni a New York. Partono capitali, e partono anche le persone. I migliori talenti fuggono via. Dalla campagna elettorale è stato assente ogni discorso sull’emigrazione. Quella interna. Che è enorme: le statistiche dicono paragonabile soltanto a quella del secondo dopoguerra. Chi non va via, sembra non avere valore. Andare via sembra l’unica possibilità di sperare in una vita diversa. Ricorda, Walter, che le università del Nord, se non avessero gli studenti del meridione, avrebbero più della metà delle proprie entrate dimezzate. E da queste terre vanno via tutti. Tutti. Non dimenticare ciò che disse Giuseppe Mazzini ai suoi più giovani adepti: «Ricordate, l’Italia sarà quello che sarà il Mezzogiorno». Caro Veltroni, sappiamo che la politica non è magia, ma bisogna avere coraggio e dimostrare concretamente l’innovazione. Molto è stato fatto, ma con enormi fatiche. Qualche tempo fa sono stato con Fausto Bertinotti, Francesco Forgione, Corrado Gabriele, Gennaro Migliore e le associazioni antimafia a Casal di Principe: anche in quell’occasione i clan sono scesi in piazza. Hanno dimostrato il loro fastidio, hanno insultato, diffamato, tentato di delegittimare. Mostrandosi padroni del territorio e temendo che il loro potere potesse esser messo in discussione. Ma la terra dove sei stamattina è anche la terra dove un prete è stato ucciso per aver scritto un documento dal titolo «Per amore del mio popolo non tacerò»: ucciso per aver trovato le parole che raccontavano semplicemente ciò che era. E questo è bastato per condannarlo.


Pronuncia quelle parole che più di tutte i boss temono: pronuncia i loro nomi, prometti che non ci sarà mai collusione implicita o esplicita con il loro mondo, con il loro sistema di risoluzione dei problemi, con le loro discariche, con i loro camion, con i loro voti. Prometti la fine della loro impunita latitanza. Conosco il peso della parola. Lo conosco, in questa terra. Usa parole che diventino «overtures» ai fatti. Nel Sud bisogna guardare ai problemi, che sono enormi, tali da oscurare il sole di ogni bellezza, la meraviglia della terra in cui potremmo vivere, lavorare e far crescere senza paura i nostri figli. Servono, sì, i fatti: bisogna catturare tutti i latitanti. Bisogna che a padrini come Zagaria e Iovine venga impedito di continuare ad amministrare i loro imperi criminali. Ma servono anche i nomi: bisogna indicare le persone a cui la politica vuole affidare la soluzione dei problemi. Quali sono le persone che cacceranno la camorra dagli appalti pubblici, dai comuni, dagli assessorati? Quali sono le persone che libereranno in modo stabile la Campania dalla vergogna dell’immondizia, unica regione in tutta l’Europa e forse in tutto il pianeta a non riuscire a risolvere il problema? Perché quella che altrove è la normalità da noi deve essere un miracolo? Quali sono le persone che strapperanno il suolo, l’acqua e l’aria di questa terra guasta dalla maledizione dei veleni che fanno marcire il nostro sangue? Le stesse che hanno governato finora? Le stesse che hanno permesso di arrivare a questa palude in cui stiamo sprofondando, che hanno tollerato la degenerazione fisica e morale? Le stesse che continuano a lavarsene le mani invocando le responsabilità altrui per non affrontare le realtà? Questa terra si aspetta che farai riferimento a ciò che non è stato fatto sino ad oggi. Avere il coraggio di confessare gli errori della propria parte. Di azzerare dirigenze che hanno confuso il bene comune con il proprio bene.


Il sogno riformatore dei primi anni di Antonio Bassolino si è trasformato in un continuo tentativo di mantenere i propri poteri, e la vita pubblica è stata spesso un susseguirsi di posti assegnati per quota politica e non per capacità. E, invertendo il mito di Saturno, sono i figli che si sono mangiati il padre. I suoi uomini e il suo sogno si sono infranti su una realtà che aveva perso la spinta riformatrice iniziale. Una spinta che aveva dato speranza al Sud. E qui in Campania si è parlato di musei e mostre, troppo spesso per coprire contraddizioni sociali enormi mai affrontate e risolte costruendo centri commerciali tra i più grandi del mondo in una delle realtà più depresse d’Europa. La cultura non può imbellettare le nefandezze, e i supermercati sterminati non possono sostituire la mancanza di crescita sociale. La politica viene odiata perché percepita esclusivamente come estensione di affari, strumento usato - nel migliore dei casi - per aumentare la propria sfera di potere o i propri conti in banca. La politica ha perso la sua vocazione primaria, ossia di creare progetti, di stabilire obiettivi, di mettere mano con determinazione alla risoluzione dei problemi. Nessuno crede che la politica debba costruire paradisi: che ce ne scampi il fato da questa maledizione. Nessuno può pensare che ci siano ricette taumaturgiche, che basti un po’ di decisionismo e di buona volontà per risanare ciò che per decenni è stato lasciato incancrenire. Ma si deve mutare. Gli elettori non ne possono più. Purtroppo non tutti i partiti hanno avuto il coraggio di mettere in conto di rischiare voti pur di dire ai mafiosi e alle loro clientele da che parte stanno. È con amarezza che ho dovuto prenderne atto. Ricordavo che, nelle elezioni del 1992, parlamentari del Msi votarono per Paolo Borsellino come presidente della Repubblica nel corso dell’undicesimo scrutinio. Invece, oggi, pochi hanno risposto al richiamo a quella tradizione. Io non sono un politico ma uno scrittore, e in quanto tale posso parlare non solo a una parte. E non voglio perdere la speranza che anche la base del centrodestra in queste terre possa indignarsi e raccontare degli errori dei propri dirigenti, delle connivenze, degli affari. Caro Veltroni, io spero che le parole che hai pronunciato e che mi auguro pronuncerai ancora quando verrai da queste parti, abbiano e avranno un peso.


Caro Veltroni, servono fatti



Però non dobbiamo illuderci: questo non basta. Servono i fatti. Fatti che vadano oltre ai successi ottenuti con gli arresti e le confische dei beni. Fatti che riguardano anzitutto la cattura dei grandi latitanti che con la loro lussuosa impunità incarnano l’impotenza dello Stato nella lotta ai clan. Servono strumenti più incisivi per combattere l’infiltrazione negli appalti, da cui i vampiri dell’economia criminale traggono la loro energia; servono fatti nella lotta al riciclaggio internazionale che permette alle loro ricchezze di contagiare aziende e Stati. E servono persone. Servono, più di ogni altra cosa, sempre più persone che in politica si facciano garanti che gli impegni presi in tal senso possano essere mantenuti. Persone che sappiano segnare una svolta rispetto ai veleni che oggi imprigionano la speranza dei cittadini onesti di questa regione. Non riusciamo a specchiarci in figure che sembrano non voler guardare l’abisso in cui le nostre anime e i nostri corpi stanno sprofondando. Questa regione, questi cittadini chiedono una speranza. Quella speranza che tu, Walter Veltroni, hai promesso. Sarai nel Casertano, in uno dei beni confiscati alle cosche. Non ci sarò perché, lo sappiamo, non è a me che devi parlare, ma a quei cittadini che chiedono proprio un sogno: la legalità. Sarà un lavoro lungo, duro, faticoso. È - come chiamiamo noi il lavoro - fatica, fatica vera. Ma in questa terra noi i bambini li chiamiamo «criature». Ed è per loro che va fatto: perché quando crescono quelle «criature», non si vagheggino anche loro create ad immagine e somiglianza di qualche boss. È una guerra. Ma si può vincere. Forse.


di Roberto Saviano - 04 aprile 2008

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