giovedì 27 novembre 2008

dall'Inghilterra


Mercoledì 26 Novembre 2008
[The Guardian]

Il melodramma della protesta all’italiana


Gli italiani sono in rivolta e sanno perfettamente come trasformare la crisi in un melodramma.
In ogni situazione italiana sembra che ci sia sempre un elemento lirico. Dopo tutto, l’Italia è considerata la patria del melodramma, no?
L’Italia è stata sicuramente travolta da un dramma economico e politico. Centinaia di voli sono stati cancellati da un’esangue Alitalia che si appresta ad affrontare un’altra serie di scioperi. Migliaia di studenti hanno invaso le strade di Roma per protestare contro la riforma del sistema scolastico, inclusi i tagli alle spese. Persino la sede della Scala di Milano è stata colpita da un’agitazione dei lavoratori ed è stata costretta a cancellare la “Vedova Allegra” a causa di uno sciopero.
Lo stesso primo ministro Silvio Berlusconi non si risparmia gesti teatrali. Recentemente ha scherzato con il cancelliere tedesco Angela Merkel saltandole davanti da dietro un lampione e gridando “Cucù!”. La reazione è stata divertita: la donna ha allargato le braccia dicendo: “Silvio!”.
Ma questa volta c’è un tragico presagio. Poche settimane fa i piloti e il personale di bordo di Alitalia inneggiavano “meglio falliti che in mano ai banditi” [...]. La rima è sintomo del disprezzo per il buon senso da parte degli impiegati di una compagnia in rovina, con un debito pari a 2,3 miliardi di euro. Alitalia sarebbe fallita da molto tempo senza gli aiuti di stato e i fondi pubblici. Nel bel mezzo di una terribile crisi finanziaria globale, non ci si sarebbe aspettata una tale propensione al suicidio professionale.
Guglielmo Epifani, leader del maggiore sindacato italiano, la Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL), sostiene che la crisi sarà più grave delle stime di governo - per usare le sue parole, sta arrivando una “valanga”. Il leader dell’opposizione, Walter Veltroni, è d’accordo. Ma l’idea di aiuto della CGIL consiste nel dichiarare uno sciopero generale per il 12 dicembre. In questo caso si vedrebbero marciare centinaia di migliaia di lavoratori provenienti da ogni settore, polizia esclusa.
Le speranze del governo di sostenere l’economia si basano sull’annuncio di un piano bozza anti-crisi che dovrebbe diventare decreto entro il 15 dicembre. Il provvedimento prevede l’iniezione di 16 miliardi di euro in opere pubbliche, la creazione di un fondo di 4 miliardi di euro e un bonus una tantum da 150 a 800 euro per aiutare le famiglie con reddito inferiore a 20.000 euro annui. Ma il pacchetto sembra essere nient’altro che un disperato tentativo di proiettare ottimismo e ispirare fiducia nel governo.
Tuttavia, per l’economia italiana c’è ancora qualche barlume di speranza. Il settore manifatturiero italiano non è mai stato trascurato per favorire i servizi finanziari. Gli italiani hanno un debito individuale molto minore degli inglesi, per esempio. In genere la gente in Italia si serve delle banche per depositare i propri risparmi, non per chiedere prestiti. Inoltre il cosiddetto “made in Italy” gode ancora di un certo prestigio.
Berlusconi ha recentemente invitato a cena gli esponenti dei maggiori gruppi del settore dei beni di lusso. “Mi aspetto suggerimenti e consigli da voi. Il governo sta lavorando per voi ed è pronto ad ascoltare qualsiasi cosa abbiate da dire. Siete il propellente del nostro paese e intendiamo fare tutto il possibile per rinforzare le aziende che rappresentate, sia in Italia che all’estero” ha detto loro allegramente.
Berlusconi, come più in generale l’Italia , combatte una battaglia psicologica disperata contro il pessimismo. E non avrà successo finché il paese rimarrà vessato da scioperi e bisticci.
Quello di cui l’Italia ha bisogno è una buona dose di buon senso e qualche verità scomoda.

The Guardian 26/11/2008

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